LA DANNATA TERRA SANTA

Scritto da Teneraerbetta. Inserito in Dis/Appunti di viaggio

LA DANNATA TERRA SANTAIl "Primo libro di Samuele" (XVII) narra il famoso episodio di Davide e Golia: della sconfitta, cioe', di un vile gigante filisteo dotato di armamenti pesanti da parte di un coraggioso giovane israelita munito soltanto di una fionda. Per uno degli amari contrappassi della storia, l' episodio e' divenuto oggi una metafora della battaglia tra la potenza dell' esercito israeliano e l' impotenza della resistenza palestinese: pur senza il lieto fine, almeno per ora, della vittoria delle "Vittime delle vittime", secondo la felice espressione di Edward Said.

Il conflitto mediorientale e' infatti ormai un vero nodo gordiano, che non si puo' scioglire se non tagliandolo alla maniera di Alessandro Magno. Stabilendo, cioe', che i razzisti deliri di potenza sintetizzati nelle espressioni "terra promessa" e "popolo eletto" non hanno diritto di cittadinanza nelle dispute fra popoli. Che l' incivile "legge del taglione" non puo' essere invocata per infliggere a innocenti musulmani in Palestina  le stesse sofferenze gia' inflitte a innocenti ebrei in Europa da colpevoli cristiani ( cattolici, ortodossi, o nazisti ).

E che la strumentale identificazione dell' antisionismo politico con l' antisemitismo razziale e' insostenibile, come provano ad esempio i saggi antisraeliani dell' ebreo Noam Chomsky contenuti in"Terrore Infinito" (Dedalo, 2002).

Naturalmente, nessuno nega che la Palestina sia stata occupata e colonizzata degli ebrei in un passato remoto, cosi' come d' altronde lo e' stata in precedenza dagli amoriti, dagli egizi, dagli assiri e dai persiani, e in seguito dai seleucidi, dai romani, dai bizantini, dagli arabi, dagli ottomani e dagli inglesi. E sono stati proprio questi ultimi a innescare la crisi mediorientale con l' infausta dichiarazione di Balfur del 1917, che promise incautamente la creazione di uno stao di Israele e stimolo' un' emigrazione che trasferi' in Palestina, dove gli ebrei costituivano il 7% della popolazione, un milione di ebrei europei, mediorientali e nordafricani.Nel 1928 scoppiano i primi incidenti al Muro del Pianto, che escalarono in un anno di guerriglia e fecero centinaia di feriti. Con l' avvento del Nazismo l' emigrazione ebrea crebbe, e nel 1936 la ribellione Araba paralizzo' la Palestina per mesi. Per assicurarsi il loro appoggio nella guerra contro la germania, nel 1939 gli inglesi promisero agli arabi l' indipendenza in 10 anni e una limitazione dell' immigrazione ebrea.

Dopo la guerra l' Inghilterra rimise invece il mandato palestinese alle Nazioni Unite, le quali approvarono nel 1947 la risoluzione 181, che prevedeva la partizione della Palestina in due stati, ebraico e arabo, con un' amministrazione internazionale per Gerusalemme. Con la guerra del 1948, seguita dalla proclamazione dello stato di Israele, il territorio arabo fu' drasticamente ridotto alla striscia di Gaza sul mediterraneo e alla riva occidentale del Giordano ( il cosidetto West Bank , annessi rispettivamente dall' Egitto e dalla Giordania. Piu' di mezzo milione di rifugiati palestinesi si accampo' lungo i confini del nuovo stato ( in Egitto, Giordania, Siria e Libano ) e costitui' il primo nucleo di una diaspora alla quale Israele nega tuttora il diritto di un ritorno in patria.

Quando nel 1956 Nasser nazionalizzo' il canale di Suez, Israele scese in campo a favore del colonialismo europeo, e partecipo' all' invasione dell' Egitto insieme alle truppe anglo-francesi. Nonostante la sconfitta militare, Nasser  mantenne pero' il controllo del canale grazie all' intervento diplomatico degli Stati Uniti e dell' Unione Sovietica, che subentrarono all' Inghilterra e alla Francia come potenze di riferimento nelMedio Oriente.

Nel 1964 i paesi arabi favorirono la nascita dell' Organizzazione per la Liberazione della Palestina ( OLP ), e nel 1965 i guerriglieri di al-Fatah comandati da Arafat iniziarono le azioni di resistenza armata all' occupazione israeliana.

Durante la "guerra preventiva" dei Sei  giorni nel 1967 lo stato ebraico occupo, oltre alla striscia di Gaza e al West Bank, anche l' intera penisola egiziana del Sinai e le alture siriane del Golan, e un milione di arabi si aggiunsero a quelli gia "amministrati" da Israele. 

La risoluzione 242 delle Nazioni Unite propose immediatamente la soluzione diplomatica della "pace contro territori":
in cambio di un ritiro totale dall' occupazione, gli stati arabi avrebbero riconosciuto Israele e firmato una pace completa.

L' Egitto accetto' la proposta nel 1971, ma il rifiuto israeliano porto' alla guerra della Yom Kippur del 1973. La semisconfitta militare di Israele produsse nel 1978 gli accordi di Camp David e una pace separata con l' Egitto, che valse a Bergin e Sadat il premio Nobel per la pace quello stesso anno.

L' uscita di scena dell' Egitto, che abbandono' i palestinesi al loro destino in cambio del ritorno al Sinai, lascio' il campo libero a Israele nei territori occupati da un lato, e in Libano dall' altro.

Nel 1982 l' invasione di quest' ultimo produsse almeno 45.000 morti, le stragi di Sabra e Shatila, e un' occupazione militare di 22 anni che distrusse il paese: il mostro che condusse le operazioni era Ariel Sharon, che gli israeliani hanno eletto vent' anni dopo, per ben due volte ( 2001, 2003 ), primo ministro a larghissima maggioranza.

Quanto ai territori occupati, fin dal 1967 la politica israeliana e' stata quella tipica dell' occupazione coloniale. E cioe', distruzione dei quartieri arabi di Gerusalemme Est, e costruzione di nuovi quartieri ebrei. Confisca delle proprieta' degli esuli ( le cosidette absentee land ), ai quali d' altra parte viene impedito di tornare. Sfruttamento dell' acqua dei territori, che rappresenta il 40% del fabbisogno idrico di Israele. Restrizioni nella produzione e del commercio di beni concorrenziali a quelli israeliani. Arrestro, detenzione, tortura e assassinio dei palestinesi sospettati di "terrorismo". Occupazione militare e distruzione dei villaggi sospettati di fiancheggiamento. Insediamento urbanistico, supporto finanziario, isolamento stradale e difesa armata di centinaia di colonie ebree nelle zone piu' fertili e acquifere dei territori. Completa liberta' di movimento per i 200.000 coloni degli insediamenti, ma confinamento assoluto per i 3 milioni di palestinesi, oggi addirittura accerchiati da un nuovo muro di Berlino.

Nel 1987 la prima intifada, "resistenza", mostro' al mondo la brutalita' della repressione israeliana, quando a centinaia di ragazzini che tiravano i sassi contro i carri armati vennero spezzate le braccia in diretta televisiva.

L' intifada mostro' inoltre ai palestinesi dei territori occupati la possibilita' di aggirare il governo in esilio di Arafat, a favore di un' autogestione diretta dell' azione politica. Le loro convergenti difficolta' portarono dunque Israele e l' OLP agli accordi di Oslo del 1993, che valsero ad Arafat, Peres e Rabin il premio Nobel per la pace l' anno seguente.

I palestinesi, pero', cascarono dalla padella nella brace. Gli accordi stabilirono, infatti, che la trattativa futura avrebbe riguardato soltanto i territori occupati: cioe' il 22% della Palestina storica. E instaurarono per il presente un regime misto da bantustan sudafricano: cioe', un completo dominio politico ed economico israeliano, gestito indirettamente attraverso i palestinesi tunisini di Arafat.

Alla repressione e corruzione di questi ultimi, si unirono presto le beffe delle trattative per l' indipendenza: anche nelle sue piu' "generose" offerte, quelle di Camp David del 2000, Israele non ando' infatti mai oltre la proposta di una partizione del West Bank in quattro zone, completamente isolate fra loro dagli insediamenti israeliani: i quali comprendono, naturalmente, le aree migliori e l' intera Gerusalemme.

 La provocazione di una passeggiata di Sharon alla Spianata delle Moschee costitui' la bocca che fece traboccare il vaso e scateno' nel 2000 una seconda intifada, molto piu' cruenta della prima: alle pietre palestinesi si sono infatti sostituiti i Kamikaze, e le rotture di braccia israeliane hanno lasciato il posto ai bombardamenti.

Nonostante un massacro come quello di Jenin, sul quale neppure le Nazioni Unite sono riuscite ad imporre una commisiione d' inchiesta, e un rapporto fra i morti palestinesi e israeliani maggiore di tre a uno ( 3334 contro 1017 il 29 settembre 2004, allo scadere del quarto anno ), la propaganda occidentale continua imperterrita a definire le azioni palestinesi come "terrorismo" e quelle israeliane come "autodifesa".

Naturalmente, l' Occidente ha i suoi buoni motivi per sostenere Israele: esso rappresena, infatti, il suo gendarme nel serbatoio petrolifero del pianeta.

Purtroppo, Israele  non e' occidentale non solo geograficamente, ma nemmeno etnicamente ne culturalmente. Il progetto politico del sionismo, di far emigrare gli ebrei in Palestina, e' infatti sostanzialmente fallito nelle nazioni sviluppate ( Europa e Stati Uniti ), ed ha avuto invece successo in quelle sottosviluppate ( Medio Oriente e Unione Sovietica . Gli israeliani costituiscono dunque, oggi, una nazione reazionaria, che non a caso trova la sua espressione politica nel Likud e quella religiosa nell' ortodossia.

Con tali compagni di strada, gli unici che possono sentirsi a loro agio sono i fascisti e gli integralisti: che infatti cosi si sentono, a partire dagli Stati Uniti ( spesso isolati, insieme a Israele, nei voti contro le piu' svariate risoluzioni delle Nazioni Unite ).

Agli altri, democratici e moderati, non resta che appellarsi all' ossimorico Dio degli Eserciti: poche' il problema lo ha creato lui, non e' forse il caso che provi a risolverlo?*

"Il matematico impertinente" - Piergiorgio Odifreddi