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Sesso orale e tumore della bocca Esiste un collegamento

Scritto da Francesco Tortora - corriere.it. Inserito in Uncategorised

Aumentati del 50% in vent'anni gli uomini malati di cancro orale e del 3% le donne solo negli ultimi 12 mesi

 

Jaime Winstone, l'attrice inglese
MILANO - Le cifre allarmanti fanno cadere l'ultimo tabù televisivo. Nei prossimi mesi la Bbc trasmetterà un lungo documentario presentato dall'attrice britannica Jaime Winstone in cui si discuterà apertamente di sesso orale e del legame che esiste tra questa pratica sessuale e il cancro orale, tumore della bocca che più comunemente coinvolge il tessuto delle labbra o della lingua.

 

I DATI - Secondo i più recenti studi scientifici questa pericolosa malattia sarebbe provocata non solo dal fumo e dall'abuso di alcol, ma anche dal papilloma virus umano (HPV), un virus che si trasmette per vie sessuali e che tra l'altro è la principale causa del tumore del collo dell'utero. I dati forniti dall'associazione britannica "Cancer Research UK" che definisce questa malattia «un'epidemia emergente» sono davvero preoccupanti. Ogni anno nel Regno Unito muoiono circa 1.800 persone per cancro orale. Le cifre dimostrano che negli ultimi venti anni questa pericolosa malattia è aumentata del 50% tra gli uomini e solo negli ultimi 12 mesi del 3% tra le donne. Gli esperti notano anche un'altra pericolosa anomalia: le persone che si ammalano di cancro orale a causa del fumo da tempo diminuiscono sensibilmente, mentre coloro che sono colpiti dalla stessa malattia per cause sessuali sono in aumento in maniera esponenziale.

COMMENTI - «E' chiaro che le persone hanno maggiori possibilità di essere colpite da questa malattia se hanno tanti partner sessuali e se praticano il sesso orale, siano essi uomini o donne», dichiara la dottoressa Lesley Walker, direttrice del centro informazioni dell'associazione "Cancer Research UK". La Walker aggiunge poi che il documentario della Bbc potrebbe essere di grande aiuto per far conoscere i pericoli del sesso orale. Inoltre secondo la dottoressa la vaccinazione delle ragazze contro l’HPV potrebbe ridurre il livello di infezione, ma il miglior consiglio da suggerire è quello di usare il preservativo durante i rapporti sessuali.

Francesco Tortora
17 ottobre 2010

fonte  corriere.it

Perché Londra è una polveriera.

Scritto da Francesco Forlani - radio londra. Inserito in notizie e articoli

Intorno alla morte di Mark Duggan perdura a tutt’oggi una certa confusione: analisi balistiche, leggende urbane, perizie, smentite. Ma non è di questo che vogliamo parlare. Quello che ci interessa è come la capitale britannica, smentendo l’ottimismo di certi commentatori in vestaglia, abbia ancora una volta mostrato il lato oscuro del multiculturalismo e della ‘gentrificazione’, e tutto ciò nel mezzo d’un’estate che ha certificato il tracollo dell’Occidente da ogni punto di vista: politico, militare, economico. In questo clima funesto, la morte accidentale o meno di un disgraziato non è che una scusa, un fiammifero acceso. Tanto basta per molte rivolte urbane, e quando l’incendio è appiccato, non c’è niente che le fermi: si estendono, si sviluppano. Come una merce a buon mercato e di largo consumo.


E’ una guerriglia 2.0, titolano alcuni quotidiani britannici, perché si servirebbe degli stessi strumenti che spesso rimbambiscono e anestetizzano i rivoltosi, quando fa freddo: quei Twitter e Iphone che i teorici di moda dicono siano stati alla base delle rivoluzioni arabe: sarà, ma durante il recintaggio poliziesco a cui fummo sottoposti in seimila, nel novembre scorso, davanti Downing street, quelli muniti di aggeggini elettronici si dilettavano tutt’al più con Angry Birds o con gli sms, mentre i piu’ arrabbiati – i figli delle periferie degradate – avevano in mano solo cocci di bottiglia e mazze di ferro, ed erano gli unici a tentare di forzare il blocco. Senza contare che nessuno rischia di andare in galera o al pronto soccorso per un “passaparola” virtuale.

Sicuramente è una vicenda, quella dei riots londinesi, che guarda al futuro dell’Europa piu’ che al passato, anche se dal passato – in particolare dagli scontri di Brixton dell’81 e poi dell’85 – sembra recuperare una caratteristica fondamentale: non di scontro tra neri contro bianchi si tratta, e tanto meno di giamaicani, nigeriani, turchi contro la polizia. Questa rivolta ha un solo protagonista, un solo nome che molti si vergognano di pronunciare, ed è “proletariato”. Studenti e anarchici hanno forse “scaldato” il terreno, ma sono loro, i proletari, contro il resto della città.
Proletari del XXI secolo, certo, forgiati dalla cultura del centro commerciale, del Big Brother e dei tabloid. Il loro è un gesto di dissenso – irrazionale, inconsapevole, autolesionista forse – contro quel sistema delle merci che ogni tv e presentatore incoraggia a seguire, e che ogni governo di destra o di sinistra promette di far funzionare, senza spiegare come mai anni di sacrifici flessibilità alienazione siano valsi soltanto questo collasso senza fine.
Il tumulto è scoppiato non perché a Croydon, Tottenham o Hackney ci sia meno pane e meno lavoro che nel Sud Italia. E anche nella mia Peckham, dove pure hanno incendiato un paio di autobus, la qualità della vita è mediamente superiore alla periferia campana. Ma bisogna visitarli, certi tuguri di immigrati che lavorano dodici ore al giorno, capire con quanto razzismo la Londra a nord del Tamigi tratta l’altra meta’ – hic sunt leones –, e non solo fermarsi ai negozi di cupcakes, prima di dire che una zona è diventatata “vivibile”, “pacificata”.

Personalmente mi ritengo molto fortunato, per aver frequentato e per avere ancora la possibilità di conoscere persone di valore, minoranze attive o “persuase” che a Londra fanno del bene e non solo per se stesse, anche se è difficile trovare professionisti o anche “cervelli in fuga” preoccupati di qualcosa di più che della loro carriera, del loro star bene e – vedi i molti “artistoidi” di Hackney – della loro immagine.
Ma bisogna pur uscire dall’autocompiacimento e dal “quieto vivere”, dalle cronache di certi “corrispondenti” a spasso per Hyde Park, e capire che la nostra è una visione quasi sempre parziale. Purtroppo o per fortuna, il rispetto delle leggi, per certi poveri cristi che vivono consumando, producendo, crepando è solo formale, dettato dalla paura del carcere, e non certo per un radicamento / idenfiticazione con la società. Paradossalmente, un saccheggio può essere per molti occasione di riscatto, di fuoriuscita dall’anonimato, e addirittura un sollievo, un’euforia, un’urgenza e un desiderio di vita.

Dunque, la folla che è balzata in piedi come un solo uomo va fermata, dicono, e potremmo pure essere d’accordo, anche se non si capisce quale dovrebbe essere la pars construens di questo compitino in classe. Silenzio e solitudine: questa è la ricetta che ha sempre assaggiato la folla, dopo ogni tumulto. Il controllo sociale che penetra le menti, nell’oceano di consumo e sperpero senza limiti, sotto i giochi pirotecnici delle Olimpiadi: eccolo il sogno dei governanti. Mentre le sirene di polizia e le ambulanze continuano a squarciare, come un lamento, il crepuscolo che avvolge intere zone di citta dimenticate da Dio.

francesco forlani - Radio Londra: Paolo Mossetti - 09.08.2011

Pericolo Empatia

Scritto da Moreno Corelli - http://informarexresistere. Inserito in notizie e articoli

di Moreno Corelli

Empatia. Una parola che molti nemmeno conoscono e che nel mondo ha assunto un valore frivolo, insignificante, spesso del tutto ignorato. Ma che cos’è l’empatia? Perché grandi studiosi come Marshall Rosemberg la considerano essenziale per la sopravvivenza della specie umana?

L’empatia è una capacità innata che ognuno di noi ha sia che lo voglia oppure no, e che  consente di identificarci con le problematiche sociali, economiche, fisiche di un’altra persona. In poche parole è quella capacità di provare le emozioni che provano le altre persone fino ad arrivare a comprenderne lo stato d’animo, ovvero la possibilità che ha ogni persona di capire cosa pensano i propri simili in svariate circostanze della vita e in determinati momenti.

Il termine più conosciuto e largamente in uso per definire “l’empatia” è la frase in gergo: “mettersi nei panni degli altri”.

 Ebbene, quando un disabile viene lasciato in balìa di se stesso e non provi nulla, quando parcheggi nei posti auto riservati ai disabili e fai il gradasso, quando leggi o vedi che migliaia e milioni di bambini muoiono di fame, per colpa delle guerre delle quali non conoscono il significato, quando le immagini strazianti di persone che scappano dalle loro case e dalle loro nazioni, quando tutto e questo e tanto altro di “terribile” non scuote più la tua coscienza e sei in grado di guardare i tuoi figli negli occhi orgoglioso e senza pensare che potrebbero esserci loro e tu con loro nei panni “della disperazione”, allora sei morto. Sei  morto dentro anche se cammini, sei in uno stato di putrefazione psichica ma non lo sai perché ti pare “normale”, te lo hanno insegnato i tuoi giochi, i tuoi amici, la tua scuola, i tuoi governanti, i tuoi giornali, le tue TV, le tue ambizioni, il tuo arrivismo, la tua ignoranza, la tua presunzione e ci sei cascato in pieno.

Sei diventato così, ti sei convinto che non è colpa tua. Sai che chi è ricco non si metterà mai nei panni di chi non arriva a fine mese. Sai che chi gode di ottima salute non si metterà mai nei panni di chi la salute l’ha persa o non l’ha mai conosciuta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal preciso momento che si perde o si fa finta di non tenere in considerazione questa grande capacità che è l’empatia, vengono meno anche tutte le possibilità di comprensione verso il prossimo, e ci si auto convince che il mono-ragionamento è l’unica strada giusta e giustificata da percorrere. Quando ildisinteresse per chi si ha di fronte o per quello che di grave succede ad altri (di solito più deboli di noi) prende il sopravvento e non ci fa più sentire nessun sussulto e non ci spinge ad avere un sentimento positivo, allora significa che l’empatia che è in noi sta venendo a mancare, e se muore l’empatia, di fatto moriamo con essa, chi prima chi dopo, tutti.

informarexresistere

SCUOLA PUBBLICA: TAGLI E RITAGLI

Scritto da davide ferrari - caffescorretto. Inserito in notizie e articoli

Eccolo arrivato al camera, puntuale come un maggiordomo al bussar della porta, il previsto e famigerato disegno di legge (DDL 4405) già presentato al senato per la privatizzazione del sostegno scolastico ai diversamente abili; nonostante la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, le proteste dell’associazionismo e della intera società civile. Per non parlare delle immancabili rassicurazioni del ministero preposto, puntualmente disattese, ma su questo non varrebbe nemmeno troppo la pena di soffermarsi.
Che dire, di fronte a tali sortite dell’attuale governo, un galeone scalcinato dove il comandante non l’abbandona finché non gli trovano una scialuppa di salvataggio ad personam, il nostromo pensa solo a snellire la cambusa, il marconista sbraita e impreca slogan pubblicitari, mentre i marinai a turno girano il timone a seconda delle stelle amiche.
Piuttosto che ricercare una miglior progettualità ed operatività per ovviare, almeno in parte, ai comprensibili disagi degli scolari con ridotta abilità fisica, motoria o psicologica, ancora una volta, ad ennesima riprova della sostituzione di una qualsiasi etica di pensiero con l’unico obbiettivo ‘’filosofico’’ del profitto, si sbatte la porta in faccia al “pubblico”, e si lasciano aperte le finestre al “privato”.
Insomma, tutti a loro modo e possibilità gerarchica raschiano i fondi di barile. Quelli che possono. Gli altri, i più deboli, “i mozzi”, alla malora.
Lo "Zio Giulio", senatore a vita soleva ripetere in giorni non lontani che “A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca”, e in questi anni di occasioni per pensar male ci sono state, giorno sì e l’altro pure.
Il dubbio che i soggetti privati che diverrebbero titolari della possibilità di intervenire individualmente al servizio del singolo alunno, sia il tentativo, nemmeno troppo velato di aggirare le direttive insite nella normativa pedagogica e didattica circa l’obbiettivo di improntare l’intero processo di integrazione scolastica è forte.
O forse, peggio, si cerca di ufficializzare l’idea di molti nostalgici estremisti di creare classi differenziali, certamente difficile da palesare, ma che l’esperienza di troppi esempi a noi bresciani ben conosciuti, non esclude di certo. Anzi.

ferrari davide - 29.07.'11

http://www.caffescorretto.studioarchidea.com/node/320


FINANZA. Tornano a crescere i Paperoni

Scritto da Marco Dotti - vita.it. Inserito in notizie e articoli

Secondo il World Wealth Report i milionari hanno superato i livelli pre-crisi. L'Asia batte l'Europa

Numeri in crescita, sia in termini di popolazione, che di ricchezza. Dalla quindicesima edizione del World Wealth Report 2011, presentato questa mattina a Milano da Merrill Lynch Global Wealth  Management e Capgemini, nella sede di Bank of America, apprendiamo che il numero di persone con un patrimonio investibile pari ad almeno 1 milione di dollari è tornato a crescere, superando i livelli precedenti la crisi del 2007. 

Gli individui con capitale pari o superiore a un milione di dollari (che il Rapporto indica con la sigla HNWI) hanno raggiunto quota 10,9 milioni e una ricchezza finanziaria pari a 42.700 miliardi di dollari statunitensi. Di contro, la popolazione degli ultra-HNWI, ossia le persone che dispongono di una patrimonio investivbile pari ad almeno 30 milioni di dollari, ha registrato un aumento pari al 10,2% e la sua ricchezza è cresciuta dell’11,5%.

Conti alla mano, dunque, lo 0,2% della popolazione mondiale (attualmente stimata in 6 miliardi circa di persone), ovvero 10,9 milioni di individui, detiene un patrimonio investibile di almeno 1 milione di dollari. Il cerchio, però, si stringe ancora di più se si considera che solo lo 0,9 di questo 0,2% detiene invece un patrimonio superiore ai 30 milioni di dollari.

La popolazione globale degli HNWI risulta concentrata soprattutto negli Stati Uniti, in Giappone e Germania. Paesi che uniti rappresentano il 53% degli HNWI del mondo. Con i loro 3,1 milioni di “ricchi” (HNWI), gli Usa sono ancora il paese con il segmento di ricchezza più grande al mondo. Anche se - ha osservato Roberto Manini,  di Capgemini -  «la concentrazione degli HNWI si sta frammentando in modo molto graduale nel corso del tempo» e continuerà a diminuire, se la popolazione di HNWI dei mercati emergenti continuerà a crescere con maggiore rapidità, rispetto a quella dei mercati tradizionali.

Due dati emergono a una rapida lettura del Rapporto. Da un lato, per la prima volta, l’area asiatica e del Pacifico ha superato l’Europa, sia in termini di popolazione, che di ricchezza degli HNWI. Dall’altro, il numero di “ricchi” qualificabili come HNWI è diminuito, in Italia, del 4,7%.

Dopo una crescita del 9,2% nel 2009, il numero di HNWI in Italia è diminuito del 4,7%.  Pur rimanendo tra i primi dieci paesi al mondo per numero di HNWI, infatti, l’Italia ha perso terreno rispetto all’Australia. Non stanno meglio altri paesi europei, come la Spagna, che è addirittura uscita dal "giro" dei dieci paesi.

Dal Rapporto si evince che, sul piano della ricchezza globale, gli effetti della crisi finanziaria sono gradualmente diminiuti nel 2010, pur con ricadute in alcuni ambiti regionali particolarmente "sensibili". Da non sottovalutare, infine, l'indicazione dei settori di investimento. Oltre a quello azionario, infatti, risultano in crescita gli investimenti in lusso, settore sportivo, beni "voluttuari", ma anche la disposizione a cogliere nuove sfide, quali l'impegno nella green economy e in una filantropia complessa.

Marco Dotti -  vita.it